In occasione della Campagna Nastro Rosa, lunedì 6 ottobre ci siamo dati appuntamento a Salotto Salute. Nel primo incontro della seconda edizione, il professore Alberto Testori, moderato dalla giornalista Francesca Senette, ha parlato di tumore al seno ereditario, test genetici e strategie di prevenzione.
Ottobre è il mese rosa dedicato alla sensibilizzazione sulla prevenzione dei tumori al seno. Circa il 10% di questi tumori ha una componente ereditaria legata alla presenza di specifiche mutazioni genetiche che possono aumentare il rischio di sviluppare la malattia nel corso della vita. Individuare queste mutazioni significa poter intervenire in anticipo, con strategie mirate di prevenzione. Durante il primo incontro della seconda edizione di “Salotto Salute”, evento promosso da LILT insieme a Cova Garden, il dottor Alberto Testori, direttore Chirurgia senologica Humanitas Pio X, direttore associato Breast Unit Humanitas Rozzano e capo sezione di chirurgia toracica e senologo negli ambulatori LILT ha fatto chiarezza su un tema molto importante: chi dovrebbe sottoporsi a un test genetico per capire se ha un’ereditarietà per il tumore al seno e come intervenire se si scopre di avere una mutazione.
Parlare di ereditarietà e tumore al seno non significa parlare di destino, ma di consapevolezza e scelte.
Dottore, che ruolo giocano le mutazioni genetiche nel rischio di sviluppare un tumore al seno?
Circa l’8-10% dei tumori al seno dipende da mutazioni genetiche ereditarie, ovvero che si tramandano di generazione in generazione. I geni più noti sono BRCA1 e BRCA2, che aumentano rispettivamente il rischio di ammalarsi di 10 e 6 volte. Ma non sono gli unici: altri geni come CHEK2, ATM, PALB2 e TP53 possono contribuire in modo significativo. Ci tengo a precisare che la presenza di una mutazione genetica non implica con certezza l’insorgenza della malattia, ma comporta un aumento significativo della probabilità di svilupparla, rispetto a chi non le presenta.
Chi dovrebbe sottoporsi al test genetico?
Esistono criteri ben precisi per stabilire quando è indicato eseguire un test genetico. In generale, lo consigliamo alle donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore al seno in età giovane, prima dei 40 anni, oppure a chi ha sviluppato un tumore bilaterale al seno prima dei 50. Anche in presenza di un tumore al seno triplo negativo, a qualsiasi età, è opportuno approfondire.
Il test è raccomandato, inoltre, per chi ha avuto un tumore al seno prima dei 50 anni con un familiare di primo grado con la stessa diagnosi, oppure per le pazienti che non hanno risposto alla chemioterapia, perché questo può indirizzare verso terapie più mirate.
Un altro caso in cui il test è indicato è quello delle donne che hanno avuto un tumore all’ovaio, indipendentemente dall’età.
Per quanto riguarda invece gli uomini, il tumore al seno è molto più raro — circa un caso ogni cento — ma in caso di malattia il test genetico è sempre consigliato. Nella maggior parte delle situazioni, infatti, si riscontra una mutazione del gene BRCA2.
Cosa succede se una persona risulta portatrice di una mutazione genetica?
In questi casi le pazienti mutate possono andare incontro a due percorsi: la sorveglianza attiva o la chirurgia profilattica. Nel primo caso si parla di esami strumentali che tengono sotto controllo la paziente negli anni. Per quanto riguarda i controlli al seno sono previste due ecografie mammarie all’anno, una mammografia e una risonanza magnetica con mezzo di contrasto ogni 6-12 mesi. Per la parte ginecologica, invece, due visite con ecografia transvaginale all’anno e un prelevo di sangue con il controllo del marcatore CA 125.
In alternativa, alcune donne scelgono la chirurgia profilattica, ovvero la mastectomia con ricostruzione immediata o l’asportazione delle ovaie e delle tube per via laparoscopica. La scelta dipende molto dalla storia familiare, dall’età e anche dal livello di ansia della paziente.
Quanto contano lo stile di vita e la diagnosi precoce nel ridurre il rischio di sviluppare un tumore per chi è portatore di una mutazione genetica?
Moltissimo. Lo ripeto, essere portatrici di mutazione genetica non significa ammalarsi con certezza, ma avere una probabilità più alta. È però una probabilità che può essere gestita attraverso la prevenzione primaria e la diagnosi precoce, che rimane l’arma più potente che abbiamo. Effettuare con regolarità la visita senologica e i controlli strumentali raccomandati — ecografia e mammografia, a seconda dell’età e del profilo di rischio — permette di individuare eventuali lesioni in fase iniziale, quando le possibilità di guarigione superano il 98%.
Un’ultima domanda, l’intelligenza artificiale applicata alla mammografia potrebbe essere in grado di predire il rischio di sviluppare un tumore?
Ebbene sì. Attraverso la valutazione della densità del seno sarà in grado di dare una probabilità del rischio di sviluppare una neoplasia entro cinque anni.
Biologa e divulgatrice scientifica. Dopo la laurea e il dottorato di ricerca, ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza e ha scelto di dedicarsi alla divulgazione scientifica. Si occupa principalmente di salute e prevenzione oncologica, con l’obiettivo di rendere la scienza chiara e accessibile a tutti.


