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Tra le diverse categorie di persone che hanno diritto a fruire gratuitamente di forniture protesiche, il D.M. Sanità n.332/1999 include: gli invalidi civili o per servizio, con invalidità accertata superiore al 33%, le donne mastectomizzate, gli amputati d’arto, gli enterostomizzati o urostomizzati, i laringectomizzati,  anche se in attesa del riconoscimento di invalidità.

Hai diritto all’esenzione totale dal pagamento del ticket su visite, esami e farmaci per la cura del tumore; prima della dimissione dall’ospedale chiedi la richiesta di esenzione che dovrai presentare all’ASL di appartenenza, portando tessera sanitaria, codice fiscale, documentazione medica ospedaliera o specialistica, che attesti la patologia in atto. L’ASL ti rilascerà la tessera di esenzione, recante il codice 048 identificativo delle patologie tumorali. Se hai un’invalidità riconosciuta al 100% hai diritto all’esenzione totale dal ticket per qualsiasi prestazione e non per tutti i farmaci.

La domanda di esenzione dal ticket deve essere presentata all’Azienda Sanitaria Locale (ASL) territorialmente competente, allegando: la tessera sanitaria con il codice fiscale e la documentazione medica, specialistica o ospedaliera, attestante la patologia. La ASL, valutata la documentazione, rilascerà la tessera di esenzione, documento personale, recante il codice 048 identificativo delle patologie tumorali o, se del caso, il codice C01 ovvero invalidità civile totale.

Si tratta di una nutrita serie di interventi di carattere assistenziale o economico che lo Stato riconosce a tutti i malati (cittadini italiani, cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea residenti in Italia, cittadini extra-comunitari o apolidi in possesso della carta di soggiorno o con permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno) che si trovino in condizione di disagio economico e sociale.

Pensione di inabilità civile (età lavorativa 18 – 66 anni e 7 mesi); assegno di invalidità civile (età lavorativa 18 – 66 anni e 7 mesi); indennità di accompagnamento (nessun limite di età); indennità di frequenza (età inferiore ai 18 anni). La differenza tra queste indennità è data dalla gravità dello stato invalidante determinato dalla malattia, dall’età del beneficiario e, tranne che per l’indennità di accompagnamento, dal reddito annuo personale.

Sì. Secondo le tabelle ministeriali di valutazione (D. M. Sanità 5/2/1992), sono tre le percentuali di invalidità civile per patologia oncologica:
  • 11%: prognosi favorevole e modesta compromissione funzionale;
  • 70%: prognosi favorevole, ma grave compromissione funzionale;
  • 100%: prognosi infausta o probabilmente sfavorevole, nonostante l’asportazione del tumore.

Dal 2010 la domanda di riconoscimento dello stato di invalidità e di handicap deve essere presentata direttamente all'INPS esclusivamente per via telematica. Per prima cosa recati dal tuo medico curante o da un medico abilitato di struttura pubblica o della ASL e assicurati che invii per via telematica all'INPS il certificato medico che attesta la patologia oncologica, le terapie in atto e lo stato obiettivo di salute del paziente. Il medico ti consegnerà copia del certificato unitamente alla ricevuta di trasmissione. Questa avrà il numero di certificato che dovrà essere indicato dal malato all'atto dell'invio della domanda telematica all'INPS. Entro 30 giorni dall'invio del certificato medico digitale rivolgiti a un patronato o Associazione abilitata alla trasmissione delle domande di invalidità civile, portando: copia del certificato medico e dell’attestato di trasmissione; carta di identità; tessera sanitaria e/o codice fiscale; per i cittadini extracomunitari: carta o permesso di soggiorno; verbale ASL precedente (se già in possesso).

Per evitare di doversi sottoporre più volte alla visita medico-legale della ASL è consigliabile chiedere il riconoscimento contestuale di: invalidità civile (L. 118/1971), handicap (L. 104/1992) e, se del caso, collocamento obbligatorio (L.68/1999). Se ricorrono i requisiti è opportuno contrassegnare anche la richiesta di indennità di accompagnamento (L.18/1980, L.508/1988, D. lgs.509/1988) o di frequenza nel caso di minori (L.289/1990).

La legge 80/2006 prevede che in caso di patologia oncologica la procedura sia molto rapida. Nel compilare la domanda telematica segnala all'INPS di essere affetto da patologia oncologica. La Commissione medica per l'accertamento dell'invalidità civile della ASL dovrà quindi convocare la visita entro quindici giorni dalla data di presentazione della domanda e l’accertamento dello stato invalidante avrà efficacia immediata salvo che la Commissione medica di verifica dell’INPS ritenga di sospenderne gli effetti per effettuare accertamenti ulteriori.

Nel caso in cui il trasferimento per raggiungere la sede ASL comporti un grave rischio per la tua salute puoi richiedere la visita domiciliare. Anche in questo caso la procedura è completamente telematica e deve essere eseguita dal medico entro e non oltre 5 giorni dalla data fissata per la visita. Il Presidente della Commissione ASL valuta la congruità della domanda e dispone la visita domiciliare od ove è in cura dandone comunicazione al malato.

Sì, è un diritto riconosciuto dalla legge. È certamente consigliabile che il malato si faccia assistere dall’oncologo o dal medico di famiglia o da un medico legale durante la visita medica anche perché oltre ad essere rassicurato dalla presenza del medico di fiducia quest’ultimo potrà illustrare adeguatamente alla Commissione la documentazione clinica, le caratteristiche della malattia e le disabilità temporanea o permanente che essa ha determinato.

Prima dello scadere del periodo indicato nel verbale di invalidità è interesse del malato essere sottoposto nuovamente a visita medica per evitare la decadenza dei benefici derivanti dall'accertamento dello stato invalidante. Di norma riceverai una convocazione per la visita di revisione da parte della Commissione medica della ASL nelle settimane che precedono la scadenza. In caso contrario, devi farti parte attiva nei confronti della commissione presentando domanda telematicamente all'INPS prima della scadenza prevista dal verbale in tuo possesso.

Nel caso si verifichi un peggioramento delle condizioni di salute, puoi fare richiesta telematica di nuovo accertamento sanitario all’INPS di competenza per ottenere una valutazione dell’invalidità maggiore di quella riconosciuta dalla Commissione medica alla prima visita. Alla domanda va allegata la documentazione clinica che certifichi tale peggioramento.

L’accertamento dello stato in invalidità civile e/o di handicap dà diritto a prestazioni socio-economiche, che dipendono dalla gravità dello stato invalidante determinato dalla malattia, dall’età del beneficiario e, tranne che per l’indennità di accompagnamento, dal reddito annuo personale. Al riconoscimento dell’invalidità civile del 100%, consegue il diritto alla pensione di inabilità (13 mensilità annue di 286,81 euro per l’anno 2020) se il reddito annuo personale non supera 16.982,49 e all’esenzione totale dal ticket per farmaci e prestazioni sanitarie. Se l’invalidità accertata è pari o superiore al 74% e fino al 99% si ha diritto all’assegno di invalidità (13 mensilità annue di 286,81 per l’anno 2020) se il reddito annuo personale non supera 4.926,35 e se il malato è privo di occupazione e lo attesti annualmente tramite dichiarazione. In entrambi i casi se persiste lo stato di invalidità, superati i 66 anni e 7 mesi di età l’assegno o la pensione, si trasformano in assegno sociale.

L’effettiva erogazione dell'assegno, che è di competenza dell’INPS, spesso avviene diversi mesi dopo la presentazione della domanda di accertamento dell’invalidità ma il diritto alla prestazione economica matura dal mese successivo alla presentazione di detta domanda. All’atto del primo pagamento, pertanto, l’INPS verserà in un’unica soluzione tutte le mensilità arretrate maggiorate degli interessi legali maturati nel frattempo. Gli assegni successivi, invece, verranno corrisposti mensilmente.

Entro e non oltre sei mesi dalla data di ricevimento del provvedimento sfavorevole, si deve impugnare giudizialmente il verbale con il patrocinio di un legale di fiducia. Dal 1° gennaio 2012 il ricorso, alla sezione lavoro e previdenza del Tribunale territorialmente competente in base al luogo di residenza dell’invalido, deve essere preceduto necessariamente da un'istanza di accertamento tecnico-preventivo diretta al medesimo Tribunale competente.

Il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento è riconosciuto esclusivamente in caso di completa inabilità che deriva dalla sussistenza di problemi di deambulazione o di autonomia nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana (alimentazione, igiene personale, vestizione). Pertanto, solo nel caso in cui il malato di cancro si venisse a trovare in condizioni simili, anche se solo per un periodo di tempo limitato, avrebbe diritto di vedersi riconosciuta l’indennità di accompagnamento.

Anche le domande per l’indennità di accompagnamento devono essere presentate esclusivamente all'INPS per via telematica, e nel caso contestualmente alla domanda di riconoscimento dello stato di invalidità o di handicap. La certificazione medica digitale che precede e accompagna la domanda per l’indennità di accompagnamento dovrà attestare che “la persona è impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore” oppure che “la persona necessita d’assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”. Per i malati di età superiore ai 65 anni dovrà constatare che si tratta di “persona con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età.”

L’importo dell’assegno è pari a 520,29 € (anno 2020) per 12 mensilità; è cumulabile con la pensione di inabilità, non è vincolato da limiti di reddito e di età, ma non è reversibile agli eredi.

L’effettiva erogazione dell'assegno, che è di competenza dell’INPS, spesso avviene diversi mesi dopo la presentazione della domanda di accertamento dell’invalidità ma il diritto alla prestazione economica matura dal mese successivo alla presentazione di detta domanda. All’atto del primo pagamento, pertanto, l’INPS verserà in un’unica soluzione tutte le mensilità arretrate maggiorate degli interessi legali maturati nel frattempo. Gli assegni successivi, invece, verranno corrisposti mensilmente.

No. L’erogazione dell’indennità viene sospesa nel caso in cui il malato sia ricoverato gratuitamente, anche per motivi riabilitativi, per più di trenta giorni in una struttura convenzionata con pagamento della retta a carico dello Stato o di un ente pubblico. Il malato ricoverato, titolare dell’indennità di accompagnamento, è tenuto a darne tempestiva comunicazione all'INPS che provvederà a sospendere il versamento per il periodo di ricovero.

Entro il 31 marzo di ogni anno il titolare dell’indennità, o un suo delegato, deve presentare una dichiarazione di responsabilità sulla circostanza che il beneficiario non sia ricoverato gratuitamente in istituto, utilizzando il modulo che l’INPS invia direttamente al domicilio dell’interessato. Nella dichiarazione è richiesto, infatti, di specificare che non vi sia ricovero in istituti di lungodegenza o in cliniche per la riabilitazione, con retta interamente a carico di enti pubblici.

Entro e non oltre sei mesi dalla data di ricevimento del provvedimento sfavorevole, si deve impugnare giudizialmente il verbale con il patrocinio di un legale di fiducia. Dal 1° gennaio 2012 il ricorso, alla sezione lavoro e previdenza del Tribunale territorialmente competente in base al luogo di residenza dell’invalido, deve essere preceduto necessariamente da un'istanza di accertamento tecnico-preventivo diretta al medesimo Tribunale competente.

Il malato, se vuole, ha diritto di avere piena cognizione del proprio stato di salute. Pertanto, gli operatori sanitari devono comunicargli, in maniera chiara e comprensibile, la diagnosi, anche provvisoria, e le opzioni di cura utilizzando termini facilmente comprensibili o comunque adeguati alla sua condizione. In particolare, il malato ha diritto di: conoscere il nome dello specialista (o degli specialisti) e dei collaboratori che lo seguono; ricevere indicazioni sugli orari di reperibilità (anche notturna e feriale in caso di necessità) del medico di base, dello specialista, dello psicologo e del personale di sostegno. Se non vuole sapere della propria malattia, il malato ha anche diritto di rifiutare ogni informazione a riguardo indicando il familiare o la persona di fiducia cui intende delegare il rapporto con i medici.

Sì. Durante il ricovero il paziente (o un suo delegato) ed il medico di famiglia hanno diritto (L. 241/1990) di prendere visione della cartella clinica (fascicolo personale in cui sono riportati i dati di rilevanza medica riguardanti il paziente ricoverato) che contiene il diario del decorso della malattia, i risultati degli esami e delle analisi effettuate, l’indicazione analitica delle terapie praticate oltre che la diagnosi delle patologie dalle quali è affetto. Dopo la dimissione ospedaliera, il malato può avere copia integrale della cartella clinica che gli deve essere consegnata entro 30 giorni dalla richiesta o immediatamente in caso di urgenza documentata. Oltre al diretto interessato, possono comunque ottenere copia della cartella clinica: la persona delegata dal malato, l’esercente la potestà genitoriale o il tutore, nel caso di minori; il tutore nell’interesse dell’interdetto; il medico curante.

Sì. Sia durante il ricovero che dopo le dimissioni, qualora si ritenga opportuno procedere a consulto medico esterno alla struttura o in qualsiasi altro caso in cui sia necessaria una sintesi della situazione clinica, il paziente ha diritto ad ottenere una relazione medica dettagliata che illustri la diagnosi, il decorso clinico, il risultato degli accertamenti diagnostici significativi effettuati, le terapie praticate, nonché l’eventuale programma terapeutico e diagnostico successivo alle dimissioni.

Il consenso informato è l’accettazione consapevole e volontaria di un trattamento sanitario. Il paziente ha diritto ad avere dal medico spiegazioni sulla sua situazione e sulle diverse opzioni terapeutiche che gli consentano di valutare, anche in relazione alla propria capacità di comprensione ed alla condizione psicologica, l’informazione ricevuta, al fine di poter scegliere coscientemente e volontariamente di seguire il piano terapeutico proposto dai curanti.

Sì, i dati sanitari sono dati personali e vengono ricompresi nella categoria dei dati cd. “sensibili” in quanto contengono informazioni idonee a rivelare lo stato di salute fisica o mentale di una persona nonché le prestazioni che riceve dai servizi sanitari. Poiché sono in grado di rivelare dettagli molto intimi dell’individuo, i dati sanitari sono tutelati in una forma speciale finalizzata a garantire la più assoluta riservatezza delle informazioni.

Il Regolamento Europeo stabilisce un generale divieto di trattamento dei dati relativi alla salute, salvo i casi in cui i dati siano utilizzati:
  1. per finalità di medicina preventiva, diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale ovvero gestione dei servizi sanitari o sociali (finalità di cura);
  2. per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero o la garanzia di parametri elevati di qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria e dei medicinali e dei dispositivi medici;
  3. a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici.

I dati relativi allo stato di salute del paziente possono essere forniti anche a terzi, come parenti, familiari, conviventi, conoscenti, personale volontario, purché ovviamente il paziente, se cosciente, sia stato informato e abbia consentito. Occorre comunque rispettare l’eventuale richiesta della persona ricoverata a non rendere note a terzi la sua presenza nella struttura sanitaria o le informazioni sulle sue condizioni di salute.

Al fine di garantire il diritto alla riservatezza, con riferimento ai dati riguardanti le condizioni di salute del dipendente malato, il datore di lavoro non è legittimato a raccogliere certificati di malattia dei dipendenti con l’indicazione della diagnosi svolta dal medico. In assenza di specifiche deroghe previste da leggi o da regolamenti, il lavoratore assente per malattia deve fornire un certificato contenente esclusivamente la prognosi ed eventuali ulteriori indicazioni generiche quali l’indicazione dell’inizio e della durata dell’infermità.

Sia le imprese private, sia la Pubblica Amministrazione devono tutelare, con la massima diligenza, le informazioni sulla salute dei propri dipendenti evitando che vengano divulgate notizie sensibili. L’utilizzo ingiustificato di questi dati può creare disagio alla persona o esporla a conseguenze indesiderate.

Controlla sempre che ci siano queste informazioni:
  1. dati di contatto del Titolare: nominativo, sede, telefono, email.
  2. dati di contatto del Responsabile della protezione dei dati – DPO (se nominato).
  3. finalità e scopo del trattamento dei dati: lo scopo per cui si raccolgono e utilizzano i dati del paziente. La finalità principale nell’ambito medico è: prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione o per altre prestazioni di natura medica o sanitaria richieste dal diretto interessato, anche farmaceutiche o specialistiche. Ci sono poi altre finalità, che sono obbligatorie per legge, ad esempio comunicare i dati a soggetti, enti o autorità a cui la comunicazione sia obbligatoria in forza di disposizioni di legge o ordini delle autorità. Se il titolare si rende conto che utilizza i dati dei pazienti anche per altri e ulteriori scopi (ad esempio attività di ricerca scientifica o epidemiologica, pubblicazioni scientifiche, invio periodico newsletter ai pazienti per informarli sulle attività dello studio), deve dichiararlo esplicitamente nell’informativa che quindi va adeguatamente integrata.
  4. modalità di trattamento dei dati: in forma cartacea ed elettronica, con accesso consentito ai soli operatori autorizzati, con password personale.
  5. tempo di conservazione dei dati.
  6. soggetti a cui i dati vengono comunicati i dati: queste informazioni sono molto importanti perché aiutano a capire che altro potrà ricevere i vostri dati. In alcuni casi la comunicazione è obbligatoria, in altri potete negare il consenso alla comunicazione.
    • soggetti interni allo Studio con funzione di Incaricati al trattamento;
    • professionisti medici e personale sanitario, anche con rapporto di collaborazione occasionale con lo Studio;
    • soggetti esterni incaricati di funzioni di manutenzione e assistenza dei sistemi informatici e di comunicazione;
    • soggetti esterni consulenti in materia fiscale;
    • autorità ed Enti Pubblici competenti per obbligo di legge;
    • eventuali altre categorie di destinatari per cui si può negare il consenso alla comunicazione.
  7. trasferimento all’estero dei dati;
  8. diritti dell’interessato: ai sensi dell’art. 15 del GDPR, ha il diritto di ottenere dal Titolare la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che La riguardano e, in tal caso, di ottenere l’accesso ai dati personali e alle seguenti informazioni:
    1. le finalità del trattamento;
    2. le categorie dei dati in questione;
    3. i destinatari o le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati;
    4. il periodo di conservazione dei dati personali previsto oppure dei criteri determinati per determinare tale periodo;
    5. richiedere al Titolare l’accesso ai dati, la rettifica o la cancellazione dei dati personali o la limitazione del trattamento dei dati personali che La riguardano o di opporsi al loro trattamento;
    6. con riferimento all’eventuale consenso prestato, il diritto di revocare, in ogni momento, il consenso prestato;
    7. il diritto di proporre reclamo all’Autorità Garante;
    8. il diritto alla portabilità dei dati.
Devono essere evidenziate le modalità per l’interessato di esercizio dei suoi diritti, ad esempio, scrivendo una lettera o una email al titolare.

La tutela del lavoro per i malati oncologici è prevista e disciplinata da norme di legge e dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). Esistono alcune norme legislative e contrattuali che prevedono una tutela specifica per i lavoratori affetti da patologia neoplastica, ma, nella maggior parte dei casi, la difesa del diritto al lavoro è contenuta in norme che riguardano in generale persone disabili cui sia stata riconosciuta una certa percentuale di invalidità o uno stato di handicap grave. Il paziente che intende ricominciare a lavorare può, compatibilmente alla sua abilità a svolgere la mansione, riprendere il servizio. Se si tratta di riprendere a lavorare nel precedente posto di lavoro e incostanza di rapporto di lavoro è possibile che il medico dell’azienda disponga (dopo oltre 60 giorni di malattia continuativa è obbligatorio) una visita di idoneità alle mansioni. Vi sono dei particolari permessi cui fruire durante il rapporto di lavoro previsti dalla legge e dall’inps.

Se si rientra nelle così dette categorie protette, si può avere una corsia preferenziale nel senso che segnalando la propria disponibilità al lavoro ai centri per l’impiego questo può mettere in comunicazione domanda e offerta di lavoro. La legge n. 68/1999 sul collocamento dei disabili prevede che la persona con invalidità riconosciuta superiore al 46% ha diritto ad iscriversi nelle liste speciali del collocamento obbligatorio. Le imprese e gli enti pubblici hanno l'obbligo di assumere gli iscritti nelle liste speciali in numero proporzionale alle dimensioni della singola impresa o ente. Pertanto, anche i malati cui sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 46%, hanno il diritto di essere assunti obbligatoriamente ai sensi di detta normativa.

Dipende dalle mansioni e dalle caratteristiche del rapporto di lavoro ma per effetto della Legge 68/1999 il lavoratore malato oncologico ha il diritto di lavorare il più vicino possibile a casa.

Per effetto della Legge 68/1999 il lavoratore malato oncologico ha il diritto di svolgere mansioni compatibili con la malattia e le nuove ridotte capacità lavorative. In quest’ottica, può rifiutare il lavoro notturno o faticoso anche se svolto prima della diagnosi. In ogni caso, retribuzione ed inquadramento non possono variare. La normativa, includendo anche il Decreto Legge 276/2003, stabilisce anche la possibilità di svolgere orari lavorativi flessibili ed incentiva il telelavoro. Tuttavia se l’azienda non ha mansioni inferiori disponibili è possibile che proceda con il licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione (giustificato motivo soggettivo). Infine, è previsto espressamente il divieto di lavoro notturno per il lavoratore che assista un malato riconosciuto in stato di handicap grave (D. lgs. 151/2001 e D. lgs. 66/2003)

Il malato riconosciuto portatore di “handicap in situazione di gravità” ha il diritto di usufruire di permessi lavorativi retribuiti e analoga facoltà è concessa anche al familiare che assiste il malato. L’art. 33 della L. 104/1992 fissa i limiti dei permessi - il lavoratore con disabilità può assentarsi dal lavoro per 2 ore giornaliere o 3 giorni mensili a scelta; - il familiare che assiste la persona malata può assentarsi per 3 giorni al mese purché il malato non sia ricoverato. - L’art. 42 del D. lgs. 151/2001 riconosce al coniuge convivente con il malato con handicap in situazione di gravità il diritto ad un periodo di congedo retribuito, continuativo o frazionato, per un massimo di due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa. Inoltre, il malato al quale sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 50% ha diritto a 30 giorni all'anno (anche non continuativi) di congedo retribuito per cure mediche connesse con lo stato di invalidità (art. 7 D. lgs. 119/2011). Tali permessi si sommano ai giorni di malattia previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato alla categoria di appartenenza.  In mancanza del coniuge o in caso di impossibilità a prendersi cura del congiunto, detto congedo retribuito può essere fruito dal genitore anche adottivo e non convivente, dal figlio (purché convivente con il genitore) o dal fratello o sorella convivente con il soggetto con handicap.

Occorre guardare al contratto di settore specifico per l’attività. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcuna attività lavorativa. Il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria (art. 4 L. 53/2000).

In generale dipende dal contratto. Alcuni CCNL del settore del pubblico impiego tutelano specificamente i malati di cancro prevedendo che, per patologie gravi che richiedano terapie salvavita come la chemioterapia, i giorni di ricovero ospedaliero o di trattamento in day hospital e i giorni di assenza per sottoporsi alle cure siano esclusi dal calcolo dei giorni di assenza per malattia normalmente previsti e siano retribuiti interamente. Ciò non solo prolunga indirettamente il periodo di comporto (spazio di tempo durante il quale il datore non può licenziare il lavoratore malato e la cui durata è stabilita dal CCNL di settore) evitando in taluni casi il licenziamento, ma garantisce al lavoratore il mantenimento dello stipendio che, altrimenti, dopo un certo periodo di assenza per malattia, sarebbe ridotto o azzerato. In altri CCNL, invece, il periodo di comporto viene aumentato fino al 50 per cento in caso di ricovero ospedaliero o di accertata necessità di cura per patologie gravi come quella oncologica.

Il lavoratore malato di cancro, se lo desidera, può chiedere al datore di lavoro di svolgere la propria attività da casa o da altro luogo diverso dalla sede di lavoro. La richiesta di telelavoro o di smart working, se accolta, deve essere formalizzata in un accordo scritto che definisca le attività da espletare e le modalità di svolgimento, le mansioni, gli strumenti, i rientri periodici in ufficio e le riunioni cui presenziare, l’eventuale termine della modalità di telelavoro e la relativa reversibilità con il rientro in ufficio su richiesta del datore di lavoro o del dipendente. È bene sapere che se il telelavoro viene proposto dal datore, ma il lavoratore è contrario, questi ha la facoltà di rifiutare l’offerta e ciò non costituirà di per sé motivo di risoluzione del rapporto di lavoro, né di modifica delle condizioni del rapporto di impiego preesistente.

Sia i dipendenti pubblici (DM 206/2009) che quelli privati (D.M. Lavoro 11/1/2016) sono espressamente esclusi dall’obbligo di reperibilità qualora l’assenza sia riconducibile a patologie gravi che richiedono terapie salvavita o a stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta (superiore o pari al 67%).

I lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps, se costretti a sospendere l'attività lavorativa a causa della patologia e delle terapie oncologiche, hanno diritto all'indennità di malattia (per circa due mesi all'anno) ed eventualmente all'indennità di degenza ospedaliera. Per i liberi professionisti iscritti a proprie Casse previdenziali di ordine, il regolamento di ciascuna cassa può prevedere forme diverse di assistenza economica (ad esempio, provvidenze assistenziali straordinarie per eventi di malattia gravi che impediscono in tutto o in parte, per un certo periodo di tempo, lo svolgimento dell'attività professionale).

il malato con invalidità superiore al 74% ha diritto alla pensione anticipata. Nello specifico l’INPS conteggerà due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio effettivamente prestato come invalido. Ad esempio il lavoratore assunto nel 2003 e divenuto invalido nel 2010 ha diritto alla contribuzione figurativa ai fini pensionistici dal 2010 e non dal 2003.

I colleghi del lavoratore malato potranno cedergli ore e giornate di riposo ai sensi dell’art.24 del D.LGS 151/2015. Questa forma di solidarietà è sempre più assecondata all’interno delle aziende; è un bel sistema di fare solidarietà tra colleghi ma richiede il consenso del datore di lavoro.

Se hai ricevuto uno sfratto per morosità (ossia se non sei riuscito più a pagare l’affitto), devi recarti (anche senza l’assistenza di un avvocato) alla udienza che è stata indicata nell’atto che hai ricevuto. Davanti al Giudice puoi chiedere (per immobili affittati ad uso abitativo) un “termine di grazia” che altro non è che un termine per pagare tutto - che può avere una durata massima di 90 giorni. Nel caso del malato oncologico, il termine è elevabile, a discrezione del Giudice, a 120gg portando la relativa documentazione che attesti la patologia. Il pagamento deve avvenire per forza nel termine assegnato dal giudice perché è perentorio.  Se si sana la mora il contratto di locazione prosegue; se non si paga il contratto si risolve e quindi il conduttore è tenuto al rilascio dell’immobile nel termine indicato dal Giudice.

Se hai ricevuto uno sfratto per finita locazione devi presentarti (anche senza l’assistenza dell’Avvocato) alla udienza che sarà indicata nell’atto che hai ricevuto per verificare che effettivamente il tuo contratto sia giunto alla sua naturale scadenza e ti abbiano inviato regolare disdetta. Se così è, il Giudice fisserà un termine denominato “inizio della esecuzione”. È la data entro la quale, se l’inquilino non riconsegna spontaneamente l’immobile, il proprietario può iniziare ad agire con la forza pubblica, inviando l’ufficiale Giudiziario. L’inquilino può chiedere una sola volta, con una istanza motivata rivolta al Giudice del Tribunale dove si trova l’immobile, che sia fissato un nuovo termine per l’esecuzione entro sei mesi dalla data originariamente fissata. Ad esempio se l’immobile è situato a Milano, si può consultare il sito del Tribunale e seguire le istruzioni riportate. Nei casi in cui l’inquilino abbia compiuto 65 anni, o abbia 5 o più figli a carico, o sia iscritto nelle liste di mobilità (e altri casi previsti dalla Legge) e anche nel caso in cui l’inquilino o uno dei componenti del nucleo familiare, convivente con il conduttore da almeno sei mesi sia portatore di handicap o malato terminale, il termine di sei mesi, potrebbe essere fissato in un massimo di 18 mesi. Anche in questo caso, la durata del termine è rimessa, di volta in volta alla discrezionalità del Giudice.  

Sono le prestazioni e i servizi erogati in favore di lavoratori (dipendenti, autonomi o parasubordinati) iscritti a forme di previdenza obbligatoria e che abbiano maturato sufficienti requisiti contributivi.

L'assegno ordinario di invalidità, la pensione di inabilità e l'assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa ai pensionati per inabilità. Qui troverai informazioni valide per l’INPS. Se sei iscritto ad altri Enti ti consigliamo di rivolgerti direttamente a loro.

ll lavoratore dipendente, autonomo o parasubordinato malato di cancro ha diritto all’assegno ordinario di invalidità se:
  • l’infermità fisica o mentale è tale da ridurre permanentemente la capacità lavorativa, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, a meno di un terzo;
  • è in età lavorativa;
  • è iscritto all’INPS da almeno 5 anni;
  • ha un’anzianità contributiva di almeno 5 anni, anche non continuativi (260 contributi settimanali), di cui almeno 3 anni (156 settimane) versati nel quinquennio precedente la presentazione della domanda.

In base all’art. 1, co. 2, L. 222/1984, si ha diritto all’assegno ordinario di invalidità anche se l’invalidità è preesistente al rapporto assicurativo, purché successivamente le condizioni di salute siano peggiorate o siano insorte nuove infermità.

Sì, l’assegno di invalidità prevede la compatibilità con l’attività lavorativa ed è sottoposto a revisioni periodiche.

La domanda di assegno ordinario di invalidità deve essere presentata all’INPS esclusivamente per via telematica allegando anche la certificazione medica modello SS3. Per prima cosa recati dal tuo medico curante o da un medico abilitato di struttura pubblica o della ASL e assicurati che invii per via telematica all'INPS il certificato medico che attesta l’infermità fisica o mentale che ha ridotto la capacità lavorativa. Il medico ti consegnerà copia del certificato unitamente alla ricevuta di trasmissione. Questa avrà il numero di certificato che dovrà essere indicato dal malato all'atto dell'invio della domanda telematica all'INPS. Entro 90 giorni dall'invio del certificato medico digitale compila e invia la domanda di invalidità previdenziale.

L’assegno viene concesso per tre anni. Successivamente può essere confermato per altre 2 volte per ulteriori 3 anni, dietro domanda del malato presentata entro 6 mesi dalla scadenza. Dopodiché diventa definitivo fino alla pensione. Sono 13 mensilità non reversibili.

L’interessato deve presentare ricorso direttamente online, entro 90 giorni dalla data di ricevimento della notifica del provvedimento di diniego, al Comitato Provinciale dell’INPS che deve pronunciarsi, entro i successivi 90 giorni. Se anche il Comitato Provinciale si esprime in modo sfavorevole, oppure se non emette alcun parere nei 90 giorni dalla presentazione del ricorso amministrativo, è necessario ricorrere alla sezione lavoro e previdenza del Tribunale del luogo di residenza, con il patrocinio di un avvocato di fiducia. Dal 1° gennaio 2012 il ricorso giudiziale deve essere preceduto necessariamente da un'istanza di accertamento tecnico-preventivo diretta al medesimo Tribunale competente. L'impugnazione giudiziale deve avvenire entro e non oltre il termine di decadenza di tre anni dalla comunicazione del diniego o dalla data di scadenza del termine (novanta giorni) entro cui il Comitato Provinciale dell’INPS avrebbe dovuto emettere una decisione.

Raggiunta l'età pensionabile, alla cessazione dell’attività lavorativa ed in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione per il collocamento in quiescenza, l’assegno si trasforma in pensione di vecchiaia. Il periodo in cui il lavoratore ha percepito l'assegno d'invalidità viene considerato utile per la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, anche se non sono stati versati contributi previdenziali da lavoro.

No, non è previsto.

Se l’incapacità al lavoro è totale e permanente (100%), il malato di cancro ha diritto a chiedere la pensione di inabilità INPS.

Requisito essenziale è la cessazione di qualsiasi tipo di attività dipendente o autonoma. Il lavoratore dipendente, autonomo o parasubordinato malato di cancro ha inoltre diritto all’assegno ordinario di invalidità se:
  • l'infermità fisica o mentale è tale da provocare l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualunque attività lavorativa;
  • è iscritto all’INPS da almeno 5 anni;
  • ha un’anzianità contributiva di almeno 5 anni, anche non continuativi (260 contributi settimanali), di cui almeno 3 anni (156 settimane) versati nel quinquennio precedente la presentazione della domanda.

La domanda di pensione di inabilità deve essere presentata all’INPS esclusivamente per via telematica allegando anche la certificazione medica modello SS3. Per prima cosa recati dal tuo medico curante o da un medico abilitato di struttura pubblica o della ASL e assicurati che invii per via telematica all'INPS il certificato medico che attesta l’infermità fisica o mentale che ha ridotto la capacità lavorativa. Il medico ti consegnerà copia del certificato unitamente alla ricevuta di trasmissione. Questa avrà il numero di certificato che dovrà essere indicato dal malato all'atto dell'invio della domanda telematica all'INPS. Entro 90 giorni dall'invio del certificato medico digitale compila e invia la domanda di invalidità previdenziale.

No, la domanda di pensione di inabilità può essere presentata anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro e indipendentemente dai motivi che hanno determinato l’inabilità.

Se la domanda è stata presentata dopo la cessazione dell’attività di lavoro la pensione decorre dal mese successivo a quello di presentazione della richiesta di pensione di inabilità. Nel caso in cui la richiesta venga depositata mentre ancora si lavora, la pensione decorre solo dal mese successivo a quello di cessazione dell'attività lavorativa o dalla data di cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi.

L’interessato deve presentare ricorso direttamente online, entro 90 giorni dalla data di ricevimento della notifica del provvedimento di diniego, al Comitato Provinciale dell’INPS che deve pronunciarsi, entro i successivi 90 giorni. Se anche il Comitato Provinciale si esprime in modo sfavorevole, oppure se non emette alcun parere nei 90 giorni dalla presentazione del ricorso amministrativo, è necessario ricorrere alla sezione lavoro e previdenza del Tribunale del luogo di residenza, con il patrocinio di un avvocato di fiducia. Dal 1° gennaio 2012 il ricorso giudiziale deve essere preceduto necessariamente da un'istanza di accertamento tecnico-preventivo diretta al medesimo Tribunale competente. L'impugnazione giudiziale deve avvenire entro e non oltre il termine di decadenza di tre anni dalla comunicazione del diniego o dalla data di scadenza del termine (novanta giorni) entro cui il Comitato Provinciale dell’INPS avrebbe dovuto emettere una decisione.

Sì, è previsto.

Può chiedere l’assegno per l’assistenza personale e continuativa (L. 222/1984 art. 5) il pensionato per inabilità INPS, che non sia in grado di camminare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o che abbia bisogno di assistenza continua per compiere le normali attività quotidiane (alimentazione, igiene personale, vestizione).

L’assegno di assistenza non è compatibile con il ricovero in istituti di cura o assistenza a carico della pubblica amministrazione e quindi viene sospeso per la durata del ricovero.

No, cessa di essere corrisposto alla morte del titolare.

La domanda di assegno per l’assistenza personale e continuativa può essere presentata all’INPS anche congiuntamente alla richiesta per la pensione di inabilità. La domanda di assegno di assistenza deve essere presentata all’INPS esclusivamente per via telematica allegando anche la certificazione medica modello SS3. Per prima cosa recati dal tuo medico curante o da un medico abilitato di struttura pubblica o della ASL e assicurati che invii per via telematica all'INPS il certificato medico che attesta l’infermità fisica o mentale che ha ridotto la capacità lavorativa. Il medico ti consegnerà copia del certificato unitamente alla ricevuta di trasmissione. Questa avrà il numero di certificato che dovrà essere indicato dal malato all'atto dell'invio della domanda telematica all'INPS. Entro 90 giorni dall'invio del certificato medico digitale compila e invia la domanda di invalidità previdenziale.

L’assegno di assistenza decorre dal mese successivo alla data di presentazione della domanda oppure dal mese successivo alla data di perfezionamento dei requisiti

Dal 1° luglio 2019 l'assegno di assistenza è pari a € 545,02 mensili.

L’interessato deve presentare ricorso direttamente online, entro 90 giorni dalla data di ricevimento della notifica del provvedimento di diniego, al Comitato Provinciale dell’INPS che deve pronunciarsi, entro i successivi 90 giorni. Se anche il Comitato Provinciale si esprime in modo sfavorevole, oppure se non emette alcun parere nei 90 giorni dalla presentazione del ricorso amministrativo, è necessario ricorrere alla sezione lavoro e previdenza del Tribunale del luogo di residenza, con il patrocinio di un avvocato di fiducia. Dal 1° gennaio 2012 il ricorso giudiziale deve essere preceduto necessariamente da un'istanza di accertamento tecnico-preventivo diretta al medesimo Tribunale competente. L'impugnazione giudiziale deve avvenire entro e non oltre il termine di decadenza di tre anni dalla comunicazione del diniego o dalla data di scadenza del termine (novanta giorni) entro cui il Comitato Provinciale dell’INPS avrebbe dovuto emettere una decisione.
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