La diagnosi di tumore in età pediatrica travolge l’intera famiglia. Oltre alle terapie, ci sono sfide quotidiane da affrontare. La presidente dell’Associazione italiana ematologia oncologica pediatrica, Angela Mastronuzzi, spiega cosa cambia nella vita di genitori, fratelli e del piccolo paziente.
Settembre è il mese del Gold Ribbon, che accende l’attenzione sulle malattie oncologiche pediatriche, patologie che registrano 2.200 nuovi casi l’anno in Italia tra bambini e adolescenti.
Quando la diagnosi di tumore arriva in una famiglia e riguarda un bambino, cambia la vita di tutti. La malattia infatti impone una riorganizzazione della quotidianità: il lavoro dei genitori, la scuola, la vita dei fratellini, il tempo libero, le relazioni sociali. Già, perché nella famiglia tutti vivono un vero e proprio terremoto e ogni decisione, anche la più semplice, può diventare fonte di preoccupazione e generare ansia. Abbiamo pensato dunque per una volta di non raccontare le innovazioni nell’ambito della diagnosi e della terapia, ma di affrontare “il resto” . Ne abbiamo parlato con Angela Mastronuzzi, Presidente AIEOP, Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica.
Cosa cambia nella vita di una famiglia quando in casa c’è un bambino con una patologia oncologica?
La gestione diventa estremamente complessa. Ma qui voglio fare una premessa. In caso di diagnosi, è fondamentale rivolgersi a uno dei Centri riconosciuti sotto l’egida dell’AIEOP. Sono centri multidisciplinari, specializzati nella gestione dei bambini e degli adolescenti con una malattia oncologica. Qui sono disponibili terapie innovative, studi clinici , ma ci sono anche esperti in grado di coinvolgere i pazienti in attività ludiche ad esempio, che sono energia per loro.
In che modo si modifica la quotidianità?
Se il bambino può curarsi vicino casa, almeno uno dei genitori, spesso il papà, riesce a lavorare e a mantenere una certa stabilità familiare. Se invece la famiglia deve trasferirsi, il genitore spesso non riesce a conciliare il lavoro con la presenza accanto al figlio. A ciò si aggiunge il peso emotivo, le restrizioni legate all’immunodepressione del bambino e la necessità di evitare contatti con persone potenzialmente infette.
L’isolamento riguarda anche la scuola?
In certi casi, sì. Molti bambini non possono frequentarla per lunghi periodi, specie quelli con leucemie o sottoposti a trapianto. In ogni caso, grazie alla collaborazione tra insegnanti ospedalieri e della scuola di origine, si cerca di non interrompere il percorso didattico e mantenere il contatto con la classe.
Fratelli e sorelle come vivono questa situazione?
Spesso vengono affidati a nonni o zii, con un forte impatto emotivo: i genitori si sentono in colpa, i fratelli provano gelosia. Per questo le case di accoglienza cercano sempre più di ospitare l’intero nucleo familiare, offrendo attività educative, artistiche e terapeutiche sia ai bambini malati sia ai fratelli.
L’attività sportiva è possibile?
Gli sport acquatici e da contatto sono sconsigliati, soprattutto nel caso di catetere venoso centrale. Ma l’attività fisica leggera è incoraggiata: bicicletta, ginnastica, piccole corse. In alcuni centri inoltre ci sono programmi fisioterapici personalizzati per mantenere la massa muscolare e facilitare il ritorno allo sport dopo le cure. Ovviamente bisogna valutare caso per caso: cadute e traumi possono avere conseguenze più gravi nei bambini con piastrine basse o ossa fragili a causa delle terapie.
Anche l’alimentazione richiede attenzioni particolari?
Sì. Nei bambini sottoposti a trapianto, ad esempio, i cibi crudi sono vietati per rischio infettivo. Ma anche qui non esistono regole assolute: ogni indicazione va personalizzata in base al tipo di malattia e di terapia. Proprio per questo insistiamo sempre sul non affidarsi solo al “passaparola” tra genitori, ma rivolgersi al proprio medico.
Un’ultima domanda: animali domestici, sì o no?
Dipende dal grado di immunodepressione. Nei bambini in trattamento intensivo o dopo il trapianto li sconsigliamo. Certo, se la famiglia ha già un animale, non diciamo di darlo via: semmai consigliamo precauzioni temporanee. Ma anche in questi casi, valgono personalizzazione e buon senso, da stabilire insieme all’oncologo pediatra.
Sostieni l’impegno di LILT per i bambini malati
Venerdì 26 settembre a Milano e in altre 33 località italiane si corre la Pigiama Run, la tradizionale corsa e camminata in pigiama organizzata da LILT a sostegno dei bambini malati di tumore, giunta quest’anno alla 7a edizione. Una corsa per divertirsi e fare sport, quindi, ma anche all’insegna della solidarietà.
Con il ricavato proveniente dalle iscrizioni LILT sosterrà infatti in tutta Italia progetti e servizi concreti di aiuto e accoglienza a favore dei bambini malati di tumore e delle loro famiglie. L’evento di Milano aiuterà la Pediatria oncologica dell’Istituto Tumori di Milano, dove LILT garantisce tanti servizi per i bambini malati e le loro famiglie.
Giornalista scientifica dal 1992, specializzata in comunicazione della salute con particolare attenzione all'oncologia. Esperienza pluriennale in campagne informative e divulgazione scientifica. Vincitrice del premio Giovanni Maria Pace nel 2019 per il giornalismo in ambito oncologico.


