Sabina

Sabina

Piccolo, una macchiolina. Operiamo e finisce lì. Ma non finisce.

Poltrona, chemio rossa, nausee tremende e tosatura: adesso lo stronchiamo. Però non va così. Arrivano i tatuaggi perché le radiazioni colpiscano con precisione. Bene sarà l’ultimo passo.

Invece non basta ancora e viene il tempo delle pastiglie e della ossa rotte, per altri cinque anni.

È stata dura, ma non ho mai perso l’ottimismo, mai considerato la malattia come un nemico.

In fondo una crepa è un taglio, una ferita, ma anche uno spiraglio. Se ci guardi attraverso vedi il futuro. E quando ho guardato al di là della fessura, ho trovato loro, le “mie” meravigliose donne, le loro storie, la storia di ArtLab.

La relazione è diventata la cura. E la stanza dell’Istituto dei Tumori che ci ospita, uno spazio di libertà dove si ride, si piange, si fanno cose assieme, dove ognuno può essere se stesso, senza finzioni, senza vergogna.

Perché tutto si può sopportare…non il dolore di essere lasciati soli.

Sabina
ArtLab

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