Tumore alla prostata. Un’altra terapia è possibile?

Tumore alla prostata. Un’altra terapia è possibile?

Non voglio fare controlli, perché se scopro di avere un tumore alla prostata la mia vita è finita”. È capitato a tanti uomini di pensarla così. Ma non c’è ragione di pensarla in questi termini. La diagnosi precoce del cancro prostatico, oltre a salvare la vita, può anche preservarne la qualità, attraverso una strada inaspettata, quella della Sorveglianza Attiva. Vale a dire, niente intervento chirurgico o radioterapico, nessuna terapia farmacologica, ma solo un monitoraggio attento.

Infatti, se la diagnosi precoce porta con sè il rischio di diagnosticare malattie indolenti e non pericolose per la vita, la Sorveglianza Attiva permette di evitare i trattamenti radicali e i loro effetti collaterali. Con risultati che parlano da sé: all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT), il Centro con la maggiore esperienza in questo ambito a livello europeo, dal 2004 ad oggi sono stati seguiti in sorveglianza attiva circa 1300 pazienti. Nessuno di loro è deceduto oppure ha sviluppato metastasi durante il monitoraggio. Insomma, una bella prospettiva, che comporta anche benefici psicologici, che si ripercuotono sulla qualità di vita e sul rapporto col partner. Ne parliamo con Riccardo Valdagni, Direttore della Radioterapia Oncologica 1 e del Programma Prostata dell’ Istituto Nazionale Tumori di Milano e con Cristina Marenghi, oncologo medico coordinatore clinico della Sorveglianza attiva al Programma prostata.

Professor Valdagni, i dati dicono che circa il 40% dei casi diagnosticati ogni anno in Italia è candidato alla Sorveglianza attiva: ci spiega quali sono i requisiti?

La percentuale si riferisce ai tumori prostatici diagnosticati con la biopsia in seguito al rialzo del PSA, che hanno caratteristiche favorevoli e bassa o nessuna aggressività. In sostanza, sono quelli che rimangono localizzati, che se crescono lo fanno molto lentamente e comunque non causano metastasi. Serve però che la biopsia prostatica sia ripetuta nel tempo per avere delle conferme, perché da questo esame otteniamo informazioni aggiornate sulle caratteristiche biologiche delle cellule, cioè sull’assenza di aggressività del tumore. Arriviamo in questo modo alla classificazione del tumore e a comprendere meglio quali possono essere i pazienti candidati alla Sorveglianza Attiva. Le lesioni indolenti in classe di rischio bassa o molto bassa, nessun nodulo oppure un piccolo nodulo in un lobo prostatico.

Cosa succede, una volta identificate le caratteristiche della lesione indolente?

La peculiarità della Sorveglianza attiva è di prendere in considerazione le preferenze dell’uomo, dialogare insieme a lui, al fine di giungere a una decisione consapevole. I due attori principali del team sono l’urologo e l’oncologo radioterapista, ai quali si aggiunge lo psicologo che in caso di bisogno supporta il paziente nella scelta tra le opzioni terapeutiche e la sorveglianza attiva. Solo così il paziente può ricevere un’informazione completa e trasparente, come indicato dalle linee guida. È un momento importante, da non sottovalutare: bisogna sempre considerare che c’è anche chi preferisce d’istinto l’intervento chirurgico e che vive la Sorveglianza attiva come una spada di Damocle. Da un vasto studio che abbiamo condotto qualche anno fa è emerso comunque che nella nostra casistica, a conti fatti, oltre il 95% dei pazienti sceglie la Sorveglianza attiva e che l’uscita a causa di uno stato di ansia del paziente è solo del 1,1 percento dei pazienti entrati in Sorveglianza Attiva. La nostra esperienza mostra che si può convivere molto bene con la malattia senza aggredirla con terapie radicali e che una buona e continua informazione al paziente, la condivisione della scelta e il supporto familiare, possono giocare un importante ruolo.

Quali sono i controlli necessari?

Il programma di Sorveglianza Attiva deve essere definito con il paziente all’inizio del percorso di monitoraggio. Ad esempio nel protocollo PRIAS, il più grande studio internazionale attivato nel 2004 e a cui INT partecipa, prevede il test del PSA ogni trimestre, la visita rettale ogni 6 mesi, la ripetizione sistematica della biopsia dopo 1 anno dall’entrata in Sorveglianza e dopo 4,7,10,15,20 anni. Se il tumore mantiene le sue caratteristiche di indolenza, il paziente prosegue il suo cammino di osservazione, anche per tutta la vita. Ma se dalle analisi emerge una modifica nelle caratteristiche cellulari, non si perde tempo e si passa a un trattamento radicale.

Certo che le biopsie sono invasive: non ci sono delle alternative?

Attualmente non abbiamo un’alternativa alle biopsie per la diagnosi di lesione indolente o di tumore maligno ma la ricerca sta proseguendo su questo fronte. Da alcuni anni abbiamo a disposizione uno strumento molto importante, la Risonanza magnetica multiparametrica, che per la sua efficacia ha contribuito a migliorare la selezione dei pazienti, identificando le malattie significative e permettendo inoltre di effettuare biopsie prostatiche mirate alle zone sospette. Ci sono diversi studi in corso con l’obiettivo di comprendere se durante il monitoraggio, quando l’esame di Risonanza è negativo, sia possibile evitare o ritardare l’esecuzione delle stesse biopsie.

E nel futuro?

È allo studio l’ecografia a micro-ultrasuoni, con risultati preliminari che hanno suscitato interesse nella comunità scientifica. Potrebbe rappresentare un’opzione accanto alla Risonanza Magnetica multiparametrica, nella fase di stadiazione del tumore e in quella di monitoraggio, nel corso della Sorveglianza attiva. Ma la ricerca che riguarda i biomarcatori molecolari di aggressività, nel sangue e nelle urine, rimane l’area di grande interesse. Marcatori associati all’aggressività del tumore possono essere d’aiuto per svelare tumori maligni non scoperti con la biopsia e possono rappresentare test semplici da ripetere perché non invasivi.

E infine il futuro è già presente: l’Istituto Nazionale dei Tumori ha aperto a gennaio di quest’anno un nuovo protocollo, che estende la Sorveglianza Attiva a tumori classificati in classe di rischio intermedio favorevole, che presentano caratteristiche di aggressività bassa e che possono rimanere indolenti per lungo tempo.


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