La medicina integrata nell’oncologia

La medicina integrata nell’oncologia

Controllo della respirazione anziché anestesia durante l’intervento di asportazione di un neo. Niente esame istologico per verificarne la natura. Spiegazioni su come il corpo stava drenando la parte tossica, per giustificare la presenza di ben due linfonodi ingrossati. Sono frammenti di una vicenda che si è conclusa tragicamente e che porta ancora una volta alla ribalta che cosa può accadere cadendo in mani sbagliate. Per fare quindi chiarezza su cosa si intende per medicina integrata e come può essere applicata in oncologia, ne parliamo con Massimo Bonucci, presidente di Artoi, Associazione ricerca terapie oncologiche integrate.

Innanzitutto, quali sono gli obiettivi delle terapie integrate?

Alleviare gli effetti collaterali delle terapie oncologiche e aiutare il fisico ad affrontare gli interventi chirurgici necessari. È importante sottolinearlo, perché la medicina integrata non sostituisce la medicina tradizionale ma, come dice peraltro il nome stesso, la integra.

Com’è possibile ancora oggi cadere in mani sbagliate?

Purtroppo la malattia rende fragili e questo aumenta il rischio di fidarsi di chi offre vie alternative. L’esempio più tipico è quello del metodo Hamer, che ha provocato la morte di parecchi pazienti, convinti ad abbandonare la chemioterapia, perché, diceva Hamer e ancora lo sostengono i suoi adepti, il tumore è il frutto di un conflitto psichico. Sono falsità, senza basi scientifiche e il nostro compito è quello di far sì, attraverso una buona comunicazione tra medico e paziente, che ciarlatani e  approfittatori siano sempre meno considerati.

Anche nel caso delle terapie integrate ci sono lavori scientifici?

Certo e questo a livello internazionale. Le sperimentazioni sono necessarie per validare le terapie, individuarne le possibilità di applicazione. Ad esempio, l’agopuntura si può utilizzare per ridurre gli effetti collaterali delle terapie, come nausea e vomito indotti dai farmaci chemioterapici e dalla radioterapia, migliorare i disturbi del sonno che sono frequenti nei malati di cancro. Queste peculiarità sono state evidenziate in studi clinici.

Circa la metà dei malati di tumore utilizza medicine complementari senza parlarne col medico. Cosa può succedere?

Molti pensano che integratori e tisane, per citare i prodotti più comuni, si possano prendere in autonomia perché non fanno male, ma non è così. Anzi, possono causare effetti collaterali o addirittura interferire coi farmaci che ci stanno assumendo, chemioterapici compresi, aumentandone oppure riducendone l’effetto.  Cito per fare un esempio la Boswellia serrata, che è in grado di ridurre l’edema da chemio e radioterapia. Ma questa stessa pianta, è sconsigliata se si assumono anticoagulanti orali perché potrebbe amplificarne l’azione e causare emorragie.  

Molte volte però il paziente non ne parla per timore di un rifiuto da parte del medico.

È vero, ma sbaglia e questa reticenza è tra le ragioni che aumentano il pericolo di cadere in mani sbagliate e di mettere a repentaglio la salute.  Prima di assumere qualsiasi prodotto, anche la tisana della sera, bisogna invece assolutamente dirlo all’oncologo, portare con sé il prodotto oppure scattare una foto all’etichetta, senza dare nulla per scontato. Le terapie integrate non sono vietate, al contrario e lo vediamo anche nei Centri oncologici: in molti, è addirittura presente un percorso parallelo per i pazienti che lo desiderano e in certi reparti, il giorno prima dell’intervento è possibile sottoporsi a un trattamento di reflessologia plantare che scioglie le tensioni inevitabili prima di un’operazione.

Photo Credit: Iaros


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