Puoi fare il volontario? Risponde la psicologa

Puoi fare il volontario? Risponde la psicologa

Diventare volontari è una scelta di vita adatta alle persone di ogni le età ma non a tutti. LILT ne ha quasi 600 attivi. La psicologa Rossella Patrigliano ci aiuta a capire profilo e motivazioni di una persona che decide di dedicare del tempo agli altri

Voglio fare il volontario. Sono in molti a dirlo, soprattutto ora dopo la pandemia, un periodo particolare che ha spinto parecchi a occuparsi dei più fragili, ad aiutare chi era in difficoltà, Ma attenzione, il volontariato quale fenomeno spontaneo, cioè per aiutare il prossimo com’è accaduto in epoca Covid, è ben diverso dal volontariato organizzato, vale a dire, nell’ambito di un’associazione.

Per chiarire le idee, abbiamo chiesto aiuto a Rossella Petrigliano, psicologa e psicoterapeuta dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, che si occupa di selezione e supervisione per il settore Volontariato di LILT. Questo è il profilo di un volontario secondo la psicologa.

Che cosa significa, dedicare del tempo agli altri

Il volontariato non è benevolenza. È legato al senso civico, all’appartenenza alla Comunità, in una logica molto interessante che si chiama dono moderno. Richiede un lavoro importante e un grande investimento dal punto di vista culturale, in un continuum durante tutta l’esperienza del volontariato. Volontariato significa ragionare in termini di comunità e non di singola realtà.

Non è una questione di età

Il luogo comune è che nell’ambito delle associazioni di volontariato ci siano solo over 60. Non è del tutto così. È vero che molti iniziano a pensare di rimettersi in gioco e di dedicarsi agli altri dopo la pensione, quando il tempo a disposizione è maggiore. Ma ci sono anche giovani che svolgono attività gratuite nell’ambito del volontariato. E persone coinvolte grazie al volontariato aziendale: in questo caso è l’azienda ad “adottare” un progetto nel quale coinvolgere il personale.

La prima qualità: motivazione eterocentrata

In parole semplici, “mettersi nei panni dell’altro”, ovvero comprendere come l’altro percepisce una data situazione. Questo perché nel volontariato è importante accogliere con empatia la persona che chiede supporto, rispettandola nella sua unicità, cercando di comprendere ciò che sta accadendo, esserci con gli sguardi, con i gesti, con le parole, attraverso l’ascolto attivo, senza condividere le proprie esperienze di vita. Può succedere che nel corso della propria vita, si possano affrontare esperienze emotivamente impattanti, quali un lutto, un percorso di malattia, una separazione. Esperienze che potrebbero rappresentare quella spinta emozionale che porta a rivolgersi all’associazione al fine di poter intraprendere l’esperienza di volontariato. Sarebbe dunque importante che tali esperienze venissero prima elaborate, al fine di poter fronteggiare eventuali situazioni di distress.

Le caratteristiche necessarie

Condivisione dei valori, senso di appartenenza al gruppo, capacità di ascolto attivo e relazionale, flessibilità. Eccole le caratteristiche del volontario. E non solo. Entra in gioco anche la propria esperienza lavorativa che può rappresentare una valenza in più da condividere nell’ambito dell’Associazione.

Formazione e aggiornamenti: sempre

Il corso di formazione rappresenta l’ingresso del volontario nell’associazione ed è una vera e propria scuola, con docenti speciali quali medici, psicologi, filosofi, esperti di comunicazione, per citare solo alcune delle figure presenti. Al termine, c’è un periodo di tirocinio e insieme a un tutor, cioè un volontario esperto, si entra nel vivo delle attività. Periodicamente poi, ci sono momenti di incontro e di aggiornamento, con due obiettivi. Da una parte, l’acquisizione di nuovi strumenti e conoscenze, necessarie per agire al meglio, e dall’altra la possibilità di confrontarsi, di condividere ansie e dubbi, ma anche esperienze positive, e rafforzare così le sinergie in ambito associativo.

Immagine di freepik


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