Ragazzi e rabbia: non puntare il dito ma accompagnare

Ragazzi e rabbia: non puntare il dito ma accompagnare

Non serve accusare. È importante saper mostrare ai più giovani che c’è un mondo aperto a loro. Indicare la speranza è quello che più di ogni cosa può insegnare ai ragazzi a gestire le loro emozioni e ad agire con consapevolezza.

Stefano Gastaldi, psicologo e psicoterapeuta, non ha dubbi: “Bisogna guardare alla speranza e lavorare su quella, a partire dalle famiglie, dalla politica e dagli operatori sociali per proiettare i ragazzi nel futuro”. E questo significa accompagnarli anche attraverso le frustrazioni, per aiutare a gestirle. Per lo psicologo anche di fronte ad atteggiamenti aggressivi, di rifiuto, l’importante è non accusare a prescindere ma accompagnare. Come? Assumendo un atteggiamento di apertura e ascolto nei confronti delle tante difficoltà che i ragazzi incontrano, a scuola, con gli amici, in famiglia e persino sul palco del più importante Festival della canzone italiana.

La vicenda di Blanco a Sanremo

Quanto accaduto a Sanremo con Blanco, la sua reazione distruttiva per le difficoltà durante l’esibizione, ha infatti generato un dibattito più allargato, ben oltre il singolo episodio, che invita a riflettere sulla necessità di avere gli strumenti per poter gestire gli imprevisti, le difficoltà e anche le frustrazioni in modo adeguato ma anche la capacità, da parte degli adulti, di fornire tali strumenti, accompagnando e non accusando.

LILT ha scelto di parlarne attraverso l’esperienza di Gastaldi, esperto di attività clinica, ricerca e formazione, prevalentemente orientata alle crisi evolutive e docente alla Scuola di psicoterapia psicoanaltiica dell’adolescente e del giovane adulto del Minotauro. Per lo psicoterapeuta le reazioni dei ragazzi e dei giovani, anche quelle di rabbia, sono l’effetto del mondo odierno.

Sono figli del nostro tempo. Le frustrazioni nel modello educativo patriarcale di un tempo erano strumento di crescita, un modo anche per trasmettere le regole a livello famigliare. Oggi non si educa più alle frustrazioni: il modello educativo è quello affettivo. E’ indubbio che questo comporti vantaggi ma anche difficoltà, perché si genera una identificazione del genitore con il figlio e un modello educativo che è molto meno orientato ad aiutare ad attraversare le difficoltà. Ma tollerare le frustrazioni è importante perché ci consente di diventare adulti e di trovare capacità di crescita.

“Quello che accaduto con Blanco – continua Gastaldi – è un frutto di un fattore macroculturale, è l’effetto collaterale del modello affettivo-educativo che noi adulti diamo, meno orientato a mostrare come attraversare le difficoltà”.

Dare speranza e renderli consapevoli

“Dai noi adulti i ragazzi non ricevono certo messaggi rassicuranti. Gli adolescenti, i giovani, non fanno altro che cercare la loro strada, ma non la vedono, non trovano occasioni di speranza ma solo tanta negatività. Il precariato, la scuola poco motivante, le difficoltà ambientali, la sensazione di due anni rubati dal Covid, la guerra: inevitabile che si chiedano cosa fare, perché c’è un mondo che li respinge, mentre le generazioni precedenti si sentivano chiamate alla vita. Dunque, nei loro confronti lo strumento più potente è quello di dare speranza e al tempo stesso renderli consapevoli”. Un tema, quello della consapevolezza, caro a LILT che nelle scuole propone progetti con l’obiettivo di orientare e supportare i ragazzi nell’acquisizione delle life e soft skill, competenze necessarie nella vita. 

I ragazzi sono il frutto dei tempi

Gastaldi ricorda Greta Thunberg: “Lei è un esempio di come i ragazzi siano preoccupati e arrabbiati per la loro idea di futuro.  Noi adulti dobbiamo mostrare che c’è un mondo che li aspetta, aiutarli a sopportare le difficoltà ma non evitandogliele in tutti i modi”. Accompagnare attraverso le loro frustrazioni è il modo per indicare una strada costruttiva e non distruttiva. “E’ una generazione che non va letta secondo vecchi modelli: i ragazzi di oggi sono frutto dei tempi. Cercano di stare al mondo ma in modo diverso da chi li ha preceduti. Pensiamo alla loro immersione nella tecnologia: anche in questo non serve il giudizio negativo ma un aiuto a recuperare maggiormente le relazioni personali”.

Psicologo e psicoterapeuta. Svolge attività clinica e di ricerca e di formazione, prevalentemente orientata alle crisi evolutive e traumatiche. È supervisore clinico di equipe multi professionali per la cura di adolescenti e familiari e di equipe sanitarie per la cura di malati cronici e terminali. Ha pubblicato libri e articoli. Attualmente è docente alla Scuola di psicoterapia psicoanaltiica dell’adolescente e del giovane adulto del Minotauro.


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