Diete e digiuno intermittente: i rischi per i malati

Diete e digiuno intermittente: i rischi per i malati

Con l’avvicinarsi della primavera cresce il desiderio di tornare in forma. Ma attenzione alle diete fai da te, soprattutto dopo una diagnosi di tumore, perché possono nuocere. L’oncologo Filippo De Braud conduce ricerche sul regime alimentare durante le terapie oncologiche che dimostrano come l’alimentazione possa trasformarsi in farmaco.

Digiuno intermittente, dieta a basso contenuto di carboidrati, oppure iperproteica, o ancora, vegetariana. Sono solo alcune delle proposte che in questo periodo occhieggiano dalle pagine delle riviste e dai siti internet, promettendo di far ritrovare la forma (un buon proposito anche per la prevenzione oncologica). Ma è la strada giusta?

«Indubbiamente il calo di peso ponderale e la riduzione dell’infiammazione metabolica, sono importanti perché portano a ridurre il rischio di malattie», interviene Filippo de Braud, Direttore dell’Oncologia Medica 1, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Ordinario di Oncologia Medica Università di Milano. «Ma questo non si raggiunge con diete drastiche, soprattutto se implementate da soli senza il supporto di un medico. Ci vuole un cambiamento nello stile di vita, il che significa anche evitare gli eccessi».

Le regole per chi è sano

Le regole? Evitare l’assunzione di troppi zuccheri raffinati, di superalcolici e di fumare, mantenere una buona e stabile performance del proprio organismo praticando una regolare attività fisica, idratarsi adeguatamente. Sì anche a verdure e frutta di stagione perché tra i tanti benefici hanno quello di garantire un movimento intestinale adeguato. «Queste sono tutte regole supportate da evidenze scientifiche, che offrono un impatto positivo sulla salute e anche sulla nostra longevità», aggiunge il professor de Braud. «Ma attenzione, stiamo parlando di persone sane».

Le regole per chi è malato

Il discorso cambia quando si tratta di un paziente oncologico. Qui è necessario il supporto di un nutrizionista che su indicazioni dell’oncologo possa guidare la persona nell’impostazione del regime alimentare più adeguato. «L’eliminazione del fumo e dell’alcol sono sicuramente correlate anche con una migliore tollerabilità delle terapie e con una riduzione del rischio di affaticamento a carico di organi come il fegato», sottolinea il professor de Braud. «Mentre un regime alimentare che sia prevalentemente vegetariano in genere è associato a una maggiore tollerabilità dei trattamenti anti-tumorali».

Sono proibite invece le diete-lampo, cioè che hanno una durata di pochi giorni. «All’Istituto Tumori di Milano stiamo conducendo studi clinici con regimi particolari», dice l’esperto. «Ma in questo caso, l’alimentazione si trasforma in farmaco e, come tale, va prescritta da un oncologo nell’ambito di una ricerca, coinvolgendo categorie di pazienti selezionati ad hoc».

Una dieta sbagliata, affidandosi a chi non è competente, può fare più male che bene in caso di malattia oncologica. Troppi lipidi, per esempio, possono provocare crisi diarroiche anche severe e problemi di malassorbimento. «Prima di iniziare qualsiasi tipo di dieta, vale la regola di condividere la decisione con l’oncologo e sciogliere insieme i quesiti», conclude il professor de Braud. «E in caso di dubbio, ricordarsi sempre che la tradizionale pasta al pomodoro rappresenta ancora uno dei piatti più sani che noi possiamo mangiare».


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